La Colomba artigianale: come riconoscere quella fatta a mano

La Colomba pasquale è un dolce che attira attorno a sé una grande quantità di storie. Una, per esempio, vuole che l'invenzione risalga direttamente al Cinquecento, durante una delle tante guerre che infiammavano l'Italia in quel periodo. In Lombardia, pare che un re abbia ricevuto un dolce di pasta lievitata a forma di colomba dai suoi avversari. Un modo originale per chiedere la pace e riportare alla serenità un intero territorio.

I più smaliziati, però, raccontano invece una storia diversa. Una faccenda di marketing, il bisogno per le industrie dolciarie di inventare un prodotto che - proprio come nel caso del panettone - potesse identificare una festa. Se questa fosse effettivamente la storia vera, il risultato sarebbe pienamente raggiunto. Non c'è posto in Italia in cui la Colomba non sia il dolce di Pasqua per eccellenza. E non c'è modo per resistere alla morbidenzza della pasta, unita alla croccantezza della copertura.

Quest'anno Pasqua cade il 27 marzo. Un mese esatto per prepararsi come si deve alla prima festa veramente importante dell'anno. Sinonimo di ferie lunghe, pranzi in famiglia o con gli amici e giornate di riposo. Con la primavera che bussa fuori dalla porta e l'aria che profuma già un po' dell'estate che si avvicina sempre di più. I nostri pasticceri hanno cominciato a pensare alla Pasqua con largo anticipo e la nostra prima Colomba artigianale al pistacchio di Bronte ha già preso il volo. Molte altre stanno per essere infornate proprio in questo momento, in attesa di essere spedite a chi le ha ordinate.

In questo trambusto di preparazioni, abbiamo chiesto ai nostri mastri pasticceri di spiegarci com'è che si riconosce una vera Colomba artigianale. Vale a dire un prodotto fatto a mano, senza l'aiuto delle macchine e solo con prodotti genuini. Ci hanno segnalato alcuni elementi che servono a tutti. E che permettono di riconoscere un prodotto veramente delizioso da uno che, invece, è solo un'imitazione.

  1. L'aveolatura. In altri termini: le bolle di vuoto all'interno della pasta. Per permettere ai lieviti di fare il loro lavoro e produrre anidride carbonica - quella che crea le bolle, appunto - bisogna usare farine di frumento perfettamente bilanciate e lavorate al punto giusto. Non troppo, perché sennò si appiattiscono. E non troppo poco, perché altrimenti non si amalgamano. Le mani di un pasticcere creano alveoli perfetti. I prodotti industriali, invece, hanno una pasta molto più compatta;
     
  2. L'assenza di conservanti. Se tra gli ingredienti non ce n'è nemmeno uno, allora quello è un prodotto fresco, realizzato con ottime materie prime e preparato sul momento. Non servono conservanti se si rispetta il normale ciclo della lievitazione. La colomba artigianale va fatta lievitare tante volte quante sono quelle necessarie. Noi per prepararne una ci mettiamo circa 72 ore;
     
  3. Il lievito madre. In alcune parti della Sicilia si chiama «criscenti». È un lievito naturale, più digeribile e più facile da conservare del lievito di birra che tutti conosciamo. Si può fare in casa e tenere da parte fino al momento di usarlo e ha una caratteristica che lo rende unico: è come se memorizzasse i sapori. La sua fragraza dipende dalla sua fermentazione e mantiene i prodotti più a lungo. Ovviamente, è l'unico lievito che usiamo per la nostra Colomba artigianale al pistacchio di Bronte.